Olga

SEPARAZIONE CONSENSUALE E NEGOZIAZIONE ASSISTITA

Scegliere di arrivare all’accordo per una separazione consensuale può apparire privo diconflittualità. Di certo i tempi sono inferiori, mentre per definire una causa giudiziale possono impiegarsi anni, oltre a costi di causa elevati e a un enorme dispendio di energie e di coinvolgimento emotivo. Pervenire a condizioni condivise che dovranno regolare il futuro non esclude il dolore e le difficoltà nella costruzione di un nuovo progetto di vita. In questo caso tuttavia alla coppia sarebbe richiesto di indirizzare le forze verso obiettivi comuni, limitando posizioni antagoniste con un atteggiamento di apertura a soluzioni per questioni riguardanti gli obblighi che residuano dal matrimonio e che non cessano con la separazione.

Le questioni che si modificano per effetto di una separazione consensuale possono riguardare le modalità di esercizio della responsabilità genitoriale, l’affidamento dei figli, il loro mantenimento, il mantenimento del coniuge economicamente più debole o il suo diritto alimentare, l’assegnazione della casa familiare, il regime patrimoniale (comunione o separazione) e la divisione dei beni acquistati durante il matrimonio, oltre ai diritti successori. I rapporti personali e patrimoniali tra coniugi, e tra genitori e figli, si modificano per effetto della separazione e il modo in cui si decide di regolamentarli si riflette inevitabilmente sulla vita futura della famiglia.

Dal 1970 e per oltre quaranta anni separazioni e divorzi consensuali in Italia si sono ottenuti esclusivamente attraverso il deposito di un ricorso in tribunale a cui segue una udienza nella quale la coppia compare davanti al Presidente per sottoscrivere l’accordo già raggiunto. A conclusione il tribunale emana un provvedimento di approvazione definito decreto di omologazione, dopo un’udienza nella quale il giudice esperisce un tentativo di conciliazione e riceve la conferma dai coniugi sull’irrevocabilità della decisione.

Il Decreto Legge n. 134 del 12 settembre 2014, convertito con modificazioni dalla Legge n. 162 del 10 novembre, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 261 del 10 novembre 2014, haintrodotto nel sistema italiano la convenzione di negoziazione assistita da avvocati che, sebbene auspicata, intervenendo con lo strumento dell’atto normativo provvisorio emanato dal Governo, difetta di un disegno organico che nella materia delle persone e delle relazioni familiari dovrebbe invece ispirarsi a principi irrinunciabili di unitarietà, specializzazione, multidisciplinarietà e formazione.

La legge di conversione, a cui va riconosciuto il tentativo concreto di sottolineare il ruolo di pacificazione sociale che l’avvocatura può svolgere, ha solo in parte recepito gli emendamenti proposti dalle associazioni specialistiche e non ha previsto la negoziazione per l’affidamento di figli nati fuori del matrimonio. Discriminazione ingiustificata visto che la negoziazione è prevista in tutti gli altri casi, la competenza a decidere sulle azioni di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio (art. 316 Codice civile) oggi è comunque del Tribunale ordinario senza previsione di peculiare specializzazione dell’organo, la parificazione dei figli è stata più volte pronunciata anche dal Legislatore almeno sul piano formale.

Nel Capo II del Decreto, intitolato “Procedura di negoziazione assistita da avvocati”, all’art. 2 si definisce la convenzione di negoziazione assistita come l’“accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati iscritti all’albo anche ai sensi dell’art. 6 del Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n. 96”. La convenzione deve essere redatta in forma scritta a pena di nullità ed è valida solo se conclusa con l’assistenza di un avvocato per parte.

Come nell’etica Collaborativa si specifica che le parti debbano avere tassativamente ciascuna un proprio avvocato, garanzia di fiducia e credibilità del professionista nella negoziazione. Va esperito un previo tentativo di conciliazione che, per la delicatezza dei temi trattati in materia di famiglia e minorenni, non costituisce oggetto di improcedibilità, né si applicano le sanzioni di cui all’art. 4 nel caso di mancata risposta o rifiuto dell’invito a stipulare la convenzione.

La parte che intende promuovere l’azione, tramite il suo avvocato, invita la controparte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita. L’invito a formalizzare la convenzione deve indicare l’oggetto della controversia e avvisare la controparte che, entro trenta giorni dalla ricezione dell’invito può aderire o meno all’invito oppure rifiutarlo addirittura. L’accordo che compone la controversia, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono, costituisce titolo esecutivo ed è valido per iscrivere ipoteca giudiziale.

cfr. Decreto Legge n. 132 del 12 settembre 2014 convertito con modificazioni dalla Legge n. 162 del 10 novembre 2014 http://www.consiglionazionaleforense.it/documents/20182/200991/D.L.+n.+132-2014

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