Olga

RIMESSA ALLE SEZIONI UNITE LA DEPENALIZZAZIONE DELLA FALSITÀ IN SCRITTURA PRIVATA

Corte di Cassazione, sez. II Penale, ordinanza 7 marzo – 9 maggio 2018, n. 20456

Presidente Prestipino – Relatore Di Pisa

Ritenuto in fatto

  1. Con sentenza in data 06/07/2016 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Avezzano ha applicato, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., a F.S., imputato del reato di ricettazione (capo a.) e falsificazione di un assegno bancario (capo b.), la pena concordata fra le parti di mesi tre di reclusione ed Euro trecento di multa, ritenuta l’insussistenza delle condizioni per pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., valutata corretta la qualificazione giuridica dei fatti contestati, aumentata la pena ex art. 99 comma 4 cod. pen., unificati i reati sotto il vincolo della continuazione ed operata la diminuzione per la scelta del rito.
  2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo difensore, F.S. , che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di un unico motivo, deducendo violazione di legge in quanto il giudice avrebbe dovuto disattendere l’accordo ex art. 444 cod. proc. pen. dal momento che il fatto di cui al capo b) (artt. 61 n.2, 485 e 491 cod. pen.) era stato, alla data della pronunzia, depenalizzato in forza della legge n. 7 del 15/01/2016.

2.1. La Procura Generale, in persona del Sostituto Procuratore Generale Gabriele Mazzotta, ha depositato requisitoria scritta in data 20/11/2017 con la quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso rilevando che sulla scorta della giurisprudenza di legittimità maggiormente condivisibile, la fattispecie della falsificazione dell’assegno bancario, ancorché non trasferibile, non risultava fosse stata depenalizzata.

Considerato in diritto

  1. Osserva il Collegio che posto che in forza della impugnata sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. è stata applicata al F. la pena concordata fra le parti anche in relazione al reato di cui al capo b) (falsificazione di assegno non trasferibile dell’importo di Euro 10.000,00) la questione da affrontare in questa sede riguarda il quesito di diritto se la falsità commessa su un assegno bancario munito della clausola di “non trasferibilità” rientri nella fattispecie descritta dall’art. 485 cod. pen. (rubricato “Falsità in scrittura privata” ed oggi depenalizzata, a seguito dell’intervento del D.Lgs. n. 7 del 2016) e non in quella – differente della “Falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito” (di cui all’art. 491 cod. pen., come riformulato dal medesimo D.Lgs. n. 7 del 2016 già citato).

1.1. Occorre, infatti, considerare che in caso di patteggiamento per una pluralità di reati, qualora nel corso del giudizio il reato base o una delle violazioni “satellite” vengano depenalizzati, il venir meno di uno dei termini essenziali del contenuto dell’accordo che ha portato al patteggiamento travolge l’intero provvedimento e impone l’annullamento della sentenza per una nuova valutazione delle parti, poiché l’abolizione incide in modo significativo in ordine sia alla determinazione dell’aumento in continuazione, che alla valutazione complessiva della condotta contestata. (Fattispecie relativa al reato previsto dell’art. 116 cod. strada, depenalizzato dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8). (Sez. 2, n. 40259 del 14/07/2017 – dep. 05/09/2017, Ndiaye, Rv. 27103501).

  1. Va, quindi, evidenziato che sulla tematica relativa alla depenalizzazione della falsità in assegno bancario contenente la clausola di non trasferibilità, si registrano, come evidenziato dal Sostituto Procuratore Generale nella requisitoria in atti, due diversi orientamenti all’interno delle Sezioni Semplici della Suprema Corte.
  2. Secondo un primo orientamento, fatto proprio dalla Quinta Sezione Penale, in tema di falso in scrittura privata, a seguito dell’abrogazione dell’art. 485 cod. pen. e della nuova formulazione dell’art. 491 cod. pen. ad opera del D.Lgs. n. 7 del 2016, la condotta di falsificazione di assegno bancario avente clausola di non trasferibilità non rientra più tra quelle soggette a sanzione penale mentre permane la rilevanza penale dei falsi in titoli di credito trasmissibili per girata (vedi Sez. 5, n. 11999 del 17/01/2017 Rv. 269710; nello stesso senso Sez. 5, n. 32972 del 04/04/2017 – dep. 06/07/2017, P.M. in proc. Valentini, Rv. 27067701 ed, ancora, Sez. 5. n. 56562/2017; n. 13047/2017 e n. 3422/2017, non massimate).

In seno a dette pronunzie si è osservato che sebbene il legislatore con il D. Lgs n. 7/2016, nel depenalizzare il delitto di cui all’art. 485 cod. pen., abbia mantenuto la rilevanza penale dei falsi riguardanti i titoli di credito trasmissibili per girata, che sono sempre punibili a norma dell’art. 491 cod. pen., tuttavia la falsificazione di un assegno bancario recante la clausola di non trasferibilità non è sussumibile nella fattispecie di reato residuata dopo l’intervento di depenalizzazione.

Tale soluzione è stata adotta sulla scorta della risalente pronunzia (S.U. n. 4 del 20/02/1971, Rv. 118012), “mai contraddetta prima dell’intervento di depenalizzazione del 2016 da arresti successivi” la quale ha affermato, dirimendo il contrasto insorto all’interno delle Sezioni Semplici, che la falsità commessa in assegno bancario munito della clausola di non trasferibilità non è punibile a norma dell’art. 491 cod. pen. ma a norma dell’art. 485 cod. pen.

Le S.U. hanno, in particolare, espresso il principio di diritto, pienamente condiviso dal citato orientamento, secondo cui: “La ragione della più rigorosa tutela accordata dall’alt 491 cod. pen. ai titoli di credito al portatore o trasmissibili per girata, nella equiparazione quoad poenam di tali titoli agli atti pubblici, non risiede nella loro natura giuridica né nella loro attitudine alla circolazione illimitata, che è comune a tutti i titoli di credito, ma è determinata dal maggiore pericolo di falsificazione insito nel regime di circolazione proprio del titolo al portatore o trasmissibile per girata rispetto al regime di circolazione dei titoli nominativi.

Ne deriva, secondo la sentenza in commento, che la circolabilità propria dei titoli presi in considerazione dalla norma citata deve esistere in concreto, come requisito essenziale condizionante l’inquadramento dell’illecito nella norma stessa, il che comporta che non si possa prescindere dalle clausole che in concreto ostacolino la circolazione dei titoli anzidetti. La clausola di non trasferibilità apponibile all’assegno bancario o all’assegno circolare (artt. 43 e 86 RD 21 12 1933, n 1736), immobilizzando il titolo nelle mani del prenditore, ne esclude la trasmissibilità per girata, tale non potendo considerarsi la girata ad un banchiere per l’incasso, che ha natura di semplice mandato a riscuotere ed e priva di effetti traslativi dei diritti inerenti al titolo. Pertanto la falsità commessa in assegno bancario o in assegno circolare munito della clausola di non trasferibilità non è punibile a norma dell’art 491 bensì a norma dell’art 485 cod. pen. (Sez. U, n. 4 del 20/02/1971 – dep. 17/05/1971, GUARRACINO, Rv. 11801201)”.

Nella citata pronunzia, Sez. 5 n. 11999/2017 cit., richiamati i principi indicati si è sottolineato, in parte motiva, che la girata per incasso viene considerata una girata “impropria”” evidenziandosi, altresì, come non possa sussistere dubbio alcuno che: “…il ragionamento allora svolto dal Supremo Collegio in una fattispecie in cui ad un assegno bancario era stata apposta la clausola di trasferibilità deve essere al giorno d’oggi esteso a tutti gli assegni bancari o postali – come quelli per cui è procedimento – aventi un importo superiore a Euro 1.000,00, atteso che, a norma dell’art. 49 comma 5 e 6 dlgs. n. 231/2007, tutti gli assegni bancari e postali emessi per un importo superiore a quello sopra indicato devono recare la clausola di non trasferibilità e possono essere girati unicamente per l’incasso a una banca o a Poste Italiane S.p.A.”.

Sempre nel solco di tale approccio ermeneutico si è, ancora, sostenuto che: “Poiché la clausola di non trasferibilità apposta all’assegno bancario o all’assegno circolare (artt. 43 r.d. 21/12/1933, n. 1736), dal punto di vista civilistico, ne determina la perdita della qualità di titolo trasferibile mediante girata (art. 17 r.d. 1736/1933), la trasposizione degli esposti principi nel nuovo contesto normativo modificato dal d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, caratterizzato dall’abrogazione del reato di cui all’art.485 cod. pen., dal punto di vista penalistico esclude la riconducibilità del fatto alla fattispecie dell’art.491 cod. pen. e lo espunge conseguentemente dall’area della rilevanza penale. Una diversa conclusione non è consentita dalla rigorosa applicazione del principio di legalità” (v. in parte motiva Sez. 5, n. 32972 del 04/04/2017, cit.).

  1. All’indirizzo sopra menzionato se ne contrappone altro fatto proprio dalla Seconda Sezione Penale, che in alcune sentenze ha rilevato come in tema di falso in scrittura privata, nonostante l’abrogazione dell’art. 485 cod. pen. e la nuova formulazione dell’art. 491 cod. pen. ad opera del D. Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, permane la rilevanza penale della condotta di falsificazione di assegno bancario, anche se dotato di clausola di non trasferibilità, in quanto il titolo è, comunque, girabile per l’incasso (cd. girata impropria), potendo esercitare la sua funzione dissimulatoria almeno nei confronti dell’impiegato della banca e dell’istituto da questi rappresentato (vedi Sez. 2, n. 36670 del 22/06/2017 – dep. 24/07/2017, Milani, Rv. 27111101; in senso conforme Sez. 2 n. 52218/2016; n. 39093/2017; n. 8063/2018 nonché n. 8065/2018, non massimate).

In tale ultima pronunzia è stato, in particolare, precisato: “… la nuova disposizione dell’art. 491 cod. pen., per effetto del D. Lgs. n. 7 del 2016, non distingue tra un tipo di girata ed un’altra, né nei lavori preparatori al citato testo normativo si trova traccia della volontà del legislatore di depenalizzare per le vie di fatto la maggior parte dei più gravi falsi in assegni, tenuto conto che, a seguito della Legge di Stabilità del 2016 (legge n. 208 del 28/12/2015), tutti gli assegni per un importo superiore ad Euro 1000 devono obbligatoriamente essere dotati di clausola di non trasferibilità. Con la conseguenza che, del tutto irragionevolmente a voler seguire l’opposta tesi, la falsificazione di un titolo di credito di importo inferiore a mille Euro, non dotato di clausola di non trasferibilità, sarebbe un fatto ancora penalmente perseguibile ai sensi del nuovo art. 491 cod. pen., al contrario della stessa falsificazione apposta su un assegno di importo maggiore e, per questo, espressione di un maggior disvalore della condotta e di possibili maggiori effetti dannosi sulla vittima (l’impiegato di banca che dà seguito all’operazione e l’istituto bancario).

Né dirimenti orientamenti in senso contrario è possibile trarre in proposito da quanto affermato da Sez. U, n. 4 del 20/02/1971, Guarracino, decisione intervenuta su un assetto normativo nel quale tutte le falsificazioni su assegni erano comunque penalmente rilevanti, ai sensi dell’art. 485 cod. pen., oggi abrogato, o ai sensi dell’art. 491 stesso codice “(v. sent. cit. in parte motiva).

Nello stesso senso va, pure, richiamata da ultimo Cass. Sez. Seconda n. 12599/2018 (non massimata) che ha anche evidenziato come “a voler seguire la soluzione opposta (quella della irrilevanza penale n.d.r.), potendo la clausola di non trasferibilità essere apposta anche su un assegno che al momento della emissione ne fosse privo (comma 4 dell’art. 43 citato: “La stessa clausola può essere apposta da un girante con i medesimi effetti”), si arriverebbe al risultato paradossale di far dipendere la sussistenza o meno del reato dall’iniziativa dell’autore dello stesso, il quale potrebbe falsificare l’assegno”.

  1. Al fine di inquadrare la problematica in esame deve, invero, considerarsi che, relativamente all’assetto normativo vigente allorquando sono intervenute le Sezioni Unite della Cassazione con la citata pronunzia del 20 Febbraio 1971, il sistema della circolazione degli assegni bancari è radicalmente mutato e nell’esperienza pratica la falsificazione degli assegni “non trasferibili” incide proprio sull’area di maggior impiego dei pagamenti a mezzo assegno bancario, posto che, a partire dal decreto legislativo n. 231/07 (art. 49), l’assegno non trasferibile è diventato la regola, e quello “libero” è stato nel tempo consentito solo per importi “soglia” via via variabili, e lo è oggi solo per importi inferiori a mille Euro (va detto, per inciso, che le continue modifiche delle condizioni di trasferibilità per girata dei titoli di credito, con il progressivo abbassamento degli importi soglia, pongono astrattamente un problema di successione di leggi penali nel tempo, che va risolto, ad avviso del collegio, cristallizzando la valutazione dell’illiceità penale del fatto secondo la legge del tempo, a seconda che essa consentisse o meno la trasmissibilità per girata).

Rispetto al principio di fondo della citata pronunzia a SS.UU. secondo cui, nel caso in cui ad essere falsificato sia un assegno liberamente trasferibile, il pericolo di una sua manomissione o alterazione è maggiore (ed il reato è idoneo a costituire un pericolo maggiore, dunque maggiormente offensivo dei beni giuridici tutelati) e viceversa, quando l’assegno sia, per espressa dicitura impressa sul titolo “non trasferibile” il pericolo di una sua alterazione ha una portata decisamente minore proprio in virtù della sua non trasferibilità ad altro soggetto (e va da sé che l’illecito, in tale prospettiva, si verifica, evidentemente, con minor frequenza) occorre, oggi, muovere dal dato oggettivo per cui la negoziazione di assegni non trasferibili costituisce, come detto, l’ipotesi di gran lunga più diffusa e ricorrente, essendo intervenuta una radicale modifica nelle forme di pagamento a mezzo assegni bancari.

4.1. Merita, per altro verso, riflessione l’affermazione secondo cui la mera apposizione della clausola di “non trasferibilità” implicherebbe un effetto “radicalmente impeditivo” in ordine alla funzione circolatoria degli assegni.

A parte il cennato profilo relativo alla circostanza che trattasi, comunque, di titolo suscettibile di “girata”, non pare possa trascurarsi la circostanza per cui l’assegno bancario, pur munito della detta clausola di non trasferibilità, mantenga una, sia pure sua ridotta, “circolabilità” e possa, comunque, essere potenzialmente negoziato e messo in “circolazione” in vario modo, anche, in definitiva, a mezzo “girate” irregolari.

La giurisprudenza di legittimità, nell’ammettere che l’assegno non trasferibile possa nella realtà fattuale essere girato a soggetto diverso da un banchiere, ha precisato, ad esempio, che nel caso di girata di un assegno bancario non trasferibile a persona che non sia il banchiere per l’incasso, la responsabilità, a norma dell’art. 43 R.d. 21 dicembre 1933 n. 1736, nei confronti del traente, della banca trattaria (e di quella che abbia pagato), per il pagamento al detto illegittimo giratario, viene meno allorquando non ne derivi pregiudizio per il traente non avendo il legittimo prenditore dell’assegno reclamato il suo ulteriore pagamento. (Sez. 1, Sentenza n. 9267 del 14/12/1987, Rv. 456450 – 01).

Si è, pure, rilevato che l’assegno contenente la clausola di non trasferibilità può essere girato “in bianco” potendo in tal caso il giratario far valere la girata come promessa di pagamento ex art. 1988 cod. civ., ove provi che il girante abbia inteso trasmettergli i diritti provenienti dal titolo e, quindi, dimostri la materiale “traditio” oppure altra modalità di trasmissione coerente con l’intento del girante (Sez. 1, Sentenza n. 17193 del 29/07/2014, Rv. 631938 – 01).

Per quel che più conta ai fini della ricostruzione del nuovo assetto normativo determinato dall’ultima legge di depenalizzazione, è evidente poi che la girata in bianco, non inusuale nella prassi dei rapporti “cartolari”, consentirebbe una facile quanto ingiustificata elusione della normativa di riferimento sulla trasferibilità dei titoli di credito, assicurando la circolazione del titolo tra più soggetti prima della finale girata per l’incasso nonostante qualunque divieto di legge. Non sembra quindi illogico ritenere, con interpretazione semplicemente estensiva (e, quindi, compatibile con il principio di legalità), che la nozione di trasmissibilità per girata scolpita nell’art. 491 cod. pen., comprenda, nella misura in cui la norma non le esclude espressamente, anche tali anomale forme di circolazione del titolo tra soggetti ulteriori rispetto all’emittente e al prenditore.

Sotto altro profilo deve tenersi conto che proprio la falsificazione dell’assegno può avere un incidenza pratica sulla “effettiva” circolazione di tale titolo di credito anche attraverso la eliminazione della clausola stessa di non trasferibilità (che, talvolta, può essere “abrasa” senza visibilità alcuna), con rilevanti conseguenze in tema di responsabilità degli istituti di credito e dei loro dipendenti, potenzialmente pregiudicati dall’affidamento sugli elementi apparenti del titolo.

In proposito è stato, in particolare, osservato che la banca “cui sia presentato per l’incasso un assegno bancario, ha il dovere di pagarlo se l’eventuale irregolarità (falsificazione o alterazione) dei requisiti esteriori non sia rilevabile con la normale diligenza inerente all’attività bancaria, e che coincide con la diligenza media, non essendo tenuta a predisporre un’attrezzatura qualificata con strumenti meccanici o chimici al fine di un controllo dell’autenticità delle sottoscrizioni o di altre contraffazioni dei titoli presentati per la riscossione” (Cass., sez. 1, 19 maggio 2000, n. 6524, m. 536704).

Va, del resto, considerato che la tutela penale predisposta dall’art. 491 cod. pen. in relazione alla falsità in titoli di credito, ha per oggetto anzitutto la fede pubblica, che rispetto alla norma si pone come interesse primario ed ha anche come oggetto il diritto di credito che nel titolo è incorporato, con la conseguenza che la lesione di tale diritto patrimoniale deve ritenersi ricompresa nell’ambito della previsione normativa.

Può, dunque, fondatamente dubitarsi che l’assegno sprovvisto di trasferibilità nelle forme di legge (in quanto gravato da una clausola “non trasferibile”, che ne ostacola ex lege la circolazione e, dunque, astrattamente lo “immobilizza” nelle mani del prenditore) possa essere ritenuto tout court “non trasmissibile” e, conseguentemente, equiparato, per quanto attiene all’accertamento di profili di responsabilità penale, ad una qualsiasi scrittura privata, non potendosi, peraltro, trascurare la funzione economico-sociale che gli è propria.

Occorrerebbe, pertanto, chiedersi se non sia la possibile circolazione “di fatto” (ma, comunque, pur sempre ipotizzabile e realizzabile nella pratica degli affari) dei titoli contemplati dalla norma citata il requisito essenziale condizionante la sussumibilità della condotta illecita nella fattispecie di cui all’art. 491 cod. pen., specie alla luce del rinnovato quadro normativo (il quale ha inciso, fortemente, come detto sul regime della circolazione degli assegni bancari nelle transazioni commerciali) e tenuto conto della configurabilità di detto reato quale mero reato di pericolo astratto che ha per oggetto la mera possibilità della lesione giuridica dell’oggetto della tutela penale.

In questa prospettiva potrebbe, quindi, ritenersi che non siano venute meno quelle esigenze che giustificano la tutela privilegiata che la legge penale ha inteso accordare, ab origine, in vista appunto della tipica destinazione e funzione dei titoli in esame (sempre e comunque “titoli di credito” ai quali resta applicabile la relativa precipua disciplina) e ciò anche non volendo ritenere determinante la tesi, pure sostenuta da certa dottrina, secondo cui la legge regolatrice dell’assegno bancario qualificando come “girata” il negozio giuridico con cui si trasmette per l’incasso il titolo “non trasferibile” ad un banchiere qualificato come “giratario” comprende, automaticamente, anche i titoli muniti di clausola di non trasferibilità.

Sotto altro profilo va rilevato che la clausola “non trasferibile” ha uno scopo di sicurezza che può venire frustrata da una semplice girata per l’incasso falsificata, apparendo illogico che in ipotesi di assegni di rilevantissimo importo muniti di una simile clausola non operi alcuna tutela penale, viceversa configurabile in presenza di assegni di modesto importo, per legge liberamente trasferibili per girata.

  1. Occorre anche sottolineare che parte della dottrina, favorevole alla tesi della depenalizzazione del falso in assegno contenente una clausola di non trasferibilità, ritiene che possano pur sempre ipotizzarsi residui ambiti di operatività della norma penale in questione (art. 491 cod. pen.) anche in ipotesi di assegno “non trasferibile”, apparendo, così, il sistema ancora più incongruo.

Premesso che l’art. 49, 4 comma D.L.vo n. 231 del 2007, oggetto di recente modifica per effetto dell’entrata in vigore del D. L.vo. N. 90/2017, prevede la possibilità del correntista di ottenere il rilascio di moduli “in forma libera” – per importi superiori a quelli che via via sono stati modificati nel tempo sino a raggiungere l’attuale limite di 1.000,00 Euro – ossia moduli senza l’ordinaria stampigliatura della clausola di non trasferibilità, stabilendosi in ipotesi di violazione l’applicazione di sanzioni amministrative, si è ritenuto che tali previsioni comportino, nel caso di loro violazione, solo conseguenze sul piano sanzionatorio amministrativo e che, quindi, il titolo di importo pari o superiore a mille Euro (che non contenga la stampigliatura “non trasferibile”) rimanga trasmissibile per girata (con il conseguente obbligo della banca di provvedere al pagamento, salva la segnalazione della violazione), dovendosi in tale ipotesi ricadere nell’ambito dell’art. 491 cod. pen. pur in presenza di assegno ex lege “non trasferibile”.

  1. Sulla scorta delle considerazioni che precedono, in ragione del contrasto giurisprudenziale verificatosi sulla portata della depenalizzazione del fatto punito dall’art. 485 cod. pen., si rende, dunque, opportuna la rimessione degli atti alle Sezioni Unite di questa Corte, ex art. 618 cod. proc. pen., in relazione al seguente quesito diritto: “Se la falsità commessa su un assegno bancario munito della clausola di “non trasferibilità” rientra nella fattispecie descritta dall’art. 485 cod. pen. (rubricato “Falsità in scrittura privata” ed oggi depenalizzata, a seguito dell’intervento del D.Lgs. n. 7 del 2016) e non in quella – differente della “Falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito” (di cui all’art. 491 cod. pen., come riformulato dal medesimo D.Lgs. n. 7 del 2016)”.

P.Q.M.

Rimette il ricorso alle Sezioni Unite.

 

 

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