Olga

AMMISSIBILE LA COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE DELLA CONSIGLIERA DI PARITÀ

La domanda risarcitoria nel processo penale è motivata dal pregiudizio che la Parte Civile ha subito a causa del comportamento illegittimo dell’imputato, datore di lavoro, imprenditore, che ha commesso gravi “delitti contro la persona”, quali appunto i reati sessuali, oltre che le lesioni aggravate, abusando della sua posizione di autorità e “supremazia” ponendo in essere le condotte illecite in violazione degli articoli 81 cpv., 610 e 609 bis, 582, 585, 576 e 61 n. 2 codice penale.

Egli ha agito, infatti, sul luogo di lavoro e in qualità di datore di lavoro delle vittime, soggiogandole, “riducendole quasi in schiavitù”, stabilendo persino dei turni delle prestazioni sessuali, a cui le sue dipendenti dovevano sottoporsi, pena il licenziamento. Forte di essere “il padrone dell’azienda”, ha trasformato il luogo di lavoro in un vero e proprio calvario per le lavoratrici, che hanno subito non solo discriminazioni, ma turpi violenze di ogni sorta, sia fisiche che psicologiche.

Ebbene, tale comportamento criminoso ha danneggiato, in maniera diretta ed immediata, anche l’attuale Parte Civile. Più precisamente il Consigliere di Parità, che è un Pubblico Ufficiale nello svolgimento delle sue funzioni ed è nominato con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro per le pari opportunità, svolge importanti compiti e funzioni diretti a promuovere e a controllare l’attuazione dei principi di uguaglianza, di opportunità e non discriminazione per donne e uomini nel lavoro, come è specificamente previsto dal D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 196, recante la “Disciplina dell’attività delle consigliere e dei consiglieri di parità”.

Le consigliere e i consiglieri di parità intraprendono ogni utile iniziativa ai fini suddetti, svolgendo una serie di compiti di notevole rilevanza sociale, quali, in particolare, la rilevazione delle situazioni di squilibrio in genere, al fine di svolgere le funzioni promozionali e di garanzia contro le discriminazioni di cui alla legge n. 125/1991; la promozione dell’attuazione delle politiche di pari opportunità da parte dei soggetti pubblici e privati che operano nel mercato del lavoro; la diffusione della conoscenza e dello scambio di buone prassi e attività di informazione e formazione culturale sui problemi delle pari opportunità e sulle varie forme di discriminazione.

Il Consigliere di Parità, dunque, svolge un rilevante ruolo di mediazione tra le lavoratrici e/o i lavoratori e i datori di lavoro, pubblici e privati, avendo, peraltro, l’obbligo di segnalazione all’autorità giudiziaria per i reati di cui è posto a conoscenza. Inoltre, l’attività di attuazione dei principi di uguaglianza, opportunità e non discriminazione, cui è preposto il Consigliere di Parità, richiede da parte di quest’ultimo una costante opera di informazione nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori, anche attraverso veri e propri sportelli pubblici informativi, cui accedere in caso di difficoltà, per capire se si è oggetto di discriminazione ai sensi della L. 125/1991 e prevenire ogni tipo di violenza, che possa ledere l’integrità fisio-psichica della lavoratrice e del lavoratore. Tutto ciò, tenuto conto del particolare contesto territoriale, economico e sociale, in cui il Consigliere opera, e col quale vi è, di necessità, un collegamento diretto e concreto, come, evidentemente, nel caso di specie. A tal proposito si tenga conto del fatto che la libertà sessuale costituisce un fondamentale e inviolabile diritto della persona umana, non solo come diritto assoluto individuale, ma anche come interesse diffuso che è convertibile in interesse collettivo in favore di quegli enti che presentino uno stabile e preciso collegamento con una zona più o meno circoscritta, nella quale a seguito del verificarsi della concreta lesione, l’interesse medesimo si radica e si localizza territorialmente (criterio della cd. localizzazione territoriale). Alla luce di quanto sopra, è, dunque, evidente che il comportamento criminoso e discriminatorio dell’imputato abbia frustrato e leso in maniera grave proprio lo scopo perseguito dal consigliere di parità e la finalità primaria, cui, in base alla legge citata, è preposta la sua attività e la sua stessa esistenza, e cioè la promozione e l’attuazione dei principi di uguaglianza, opportunità e non discriminazione per donne e uomini nel lavoro, principi, peraltro, costituzionalmente garantiti, e palesemente violati dal datore di lavoro per cui è processo.

La condotta delittuosa del datore di lavoro ha determinato un danno diretto ed immediato al Consigliere di Parità, proprio perché in contrasto con la finalità essenziale suindicata, la cui attuazione non è un mero interesse del Consigliere stesso, ma assurge al rango di un vero e proprio diritto soggettivo, e precisamente un diritto della personalità, riferendosi al patrimonio morale imprescindibile di tale soggetto, che esiste ed agisce proprio in virtù del perseguimento del ridetto scopo (in questo senso cfr. Cass. Pen., sez. III, 7 febbraio 2008 – 26 marzo 2008, n. 12738; Cass. Pen. , sez. V, 17 febbraio 2004 – 23 marzo 2004, n. 13989; Trib. Palermo, 11/1/2001).

Sentenza resa dal Tribunale di Ascoli Piceno il 3 novembre 2010

 

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